Uno degli elementi che mi hanno sempre di più affascinato dei codici miniati sono le iniziali dei capoversi.
Il bello di scrivere un post è in effetti quello di non seguire un ordine preciso degli elementi che si devono scrivere, nè avere un impianto logico da seguire nei vari post che si susseguno.
In effetti, ieri mi sono appassionato alla elaborazione di alcune iniziali, tra cui la lettera Q.
Una delle particolarità del mio sistema è il fatto che le lettere debbano risultare a sbalzo, ossia evidenti al tatto di colui che scorre il testo con le dita.
Qui di seguito il testo senza la lettera Q. Il testo da scrivere è: "Quod difficilius est instruere aves rapaces quam canes et alia quadrupedia" (ossia "Quanto sia più difficile addestrare i rapaci che i cani e gli altri quadrupedi")
Dunque la parola da scrivere è QUOD, con la lettera Q in bella evidenza.
Ecco la lettera Q, in un bel blu vivo, con ricami interni (stile onciale) e vari arabeschi lungo la dorsale del testo. In alto si può ancora vedere il tratto in matita che verrà completato successivamente.
Di seguito: ecco il testo terminato, con la lettera inserita nel contesto del testo; si è seguito il disegno dell'originale, così come la lettera che ricalca l'originale; tuttavia, rispetto ad esso si è utilizzato l'oro per esaltare i colori ed ulteriormente arricchire la lettera.
Il testo appare facilmente leggibile.
L'arte e la passione di riprodurre manoscritti medievali nel XXI Secolo. The art and the passion of hand-writing in the XXI Century
venerdì 29 settembre 2017
Il codice originale
Per dare un'idea più completa riporto la voce da WIKIPEDIA
De arte venandi cum avibus ("Sull'arte di cacciare con gli uccelli") è un trattato dell'imperatore Federico II di Svevia sull'attività venatoria. Il manoscritto conservato alla Biblioteca Vaticana (codice Pal. Lat. 1071) è la redazione più nota per le illustrazioni, ma contiene solo i primi due libri: si tratta di un codice di 111 fogli di pergamena di dimensioni pari approssimativamente a cm. 24,5x36, commissionata a Napoli dal figlio di Federico, Manfredi re di Sicilia, intorno al 1260. Un altro manoscritto, redatto a cura di un altro figlio dell'imperatore, re Enzio, durante la sua detenzione a Bologna, si conserva nella Biblioteca Universitaria di Bologna (Lat. 717) e contiene sei libri, quindi un'edizione più estesa, ma non necessariamente completa del trattato.
L'opera ha dichiarati scopi manualistici ed è divisa in sei libri:
Per lungo tempo si è ritenuto che un originale del De arte venandi cum avibus fosse tra le cose che l'imperatore perse al momento della disfatta di Vittoria: il prezioso codice miniato sarebbe stato consegnato a Carlo I d'Angiò dal mercante milanese Bottaius[1] e poi si disperse. È stato recentemente ipotizzato che questo Falkenbuch
non fosse in realtà il trattato federiciano ma un assemblaggio, curato
dallo stesso Federico, di varie opere, tra cui la traduzione in latino
del Moamyn, il De arte bersandi di Guicennas e due trattati di ambiente normanno-siculo, il Dancus rex e il Guillelmus falconarius[1]. Questa ipotesi sarebbe suffragata dall'esistenza di un testimone, seppure in copia tarda, del manoscritto federiciano perduto: infatti il codice ms. Lat. 368 (1459) conservato al Musée Condé di Chantilly, nella varietà dei temi trattati, sembra corrispondere alla lettera alla descrizione che Bottatius fa del codice che propone in vendita al re angioino[1].
De arte venandi cum avibus ("Sull'arte di cacciare con gli uccelli") è un trattato dell'imperatore Federico II di Svevia sull'attività venatoria. Il manoscritto conservato alla Biblioteca Vaticana (codice Pal. Lat. 1071) è la redazione più nota per le illustrazioni, ma contiene solo i primi due libri: si tratta di un codice di 111 fogli di pergamena di dimensioni pari approssimativamente a cm. 24,5x36, commissionata a Napoli dal figlio di Federico, Manfredi re di Sicilia, intorno al 1260. Un altro manoscritto, redatto a cura di un altro figlio dell'imperatore, re Enzio, durante la sua detenzione a Bologna, si conserva nella Biblioteca Universitaria di Bologna (Lat. 717) e contiene sei libri, quindi un'edizione più estesa, ma non necessariamente completa del trattato.
Contenuto
L'opera consiste in un trattato di falconeria, cioè sui sistemi di allevamento, addestramento e impiego di uccelli rapaci (propriamente falchi) nella caccia
(soprattutto ad altri uccelli, tutti accuratamente descritti
nell'opera). Nella genesi dell'opera ebbero una notevole importanza
precedenti trattati di cui Federico II aveva disponibilità, come il De arte bersandi di Guicennas e il De scientia venandi per aves (il cosiddetto Moamyn latino), traduzione di un testo arabo effettuata dal siriano Teodoro di Antiochia (Maestro Teodoro), su richiesta di Federico.
- nel libro I vengono classificati gli uccelli (acquatici, terrestri e intermedi; rapaci e non rapaci); si tratta delle migrazioni e delle caratteristiche biologiche e morfologiche degli uccelli, si descrivono gli organi esterni e interni delle varie specie, con particolare attenzione alle ali, del piumaggio e delle particolarità del volo;
- il libro II tratta delle attrezzature per esercitare la falconeria, delle modalità della cattura dei falchi e della loro nutrizione, della cigliatura (la cucitura delle palpebre per renderli più docili), dell'addestramento, delle caratteristiche del falconiere;
- libro III contiene la descrizione delle complesse fasi dell'addestramento del falco a piedi, a cavallo e alla traina, e dell'addestramento dei cani da caccia;
- il libro IV è dedicato alle modalità della caccia alla gru con il girfalco;
- nel libro V si parla dell'addestramento del falco sacro alla caccia all'airone;
- Il libro VI tratta della caccia con il falco pellegrino agli uccelli acquatici.
Nell'esemplare della Vaticana, pur ridotta ai primi due libri, sono
presenti oltre 500 immagini di uccelli (che descrivono circa 80 specie
animali) eseguite con sorprendente precisione. Va notata la cura nella
scelta dei colori del piumaggio e il dettaglio delle particolarità
anatomiche, frutto evidentemente di attente osservazioni. La decorazione
è composta dalle illustrazioni a colori degli uccelli e dei falconieri,
dalle iniziali dei capitoli decorate, tradizionalmente in rosso e
azzurro alternativamente, e dai titoli dei capitoli rubricati. Non tutto
è stato portato a termine: in particolare le iniziali decorate si
interrompono al f. 36 mentre ai ff. 94-100 le immagini non sono state
colorate.
Un altro trattato di falconeria di Federico II
Iscriviti a:
Post (Atom)